Morgan critica la visione del pubblico televisivo come “entità involuta e inconsapevole, da plagiare”. Ringrazia i maestri che lo hanno aiutato a superare situazioni dolorose e ostili
Morgan definisce se stesso come un “musicista italiano inespresso” escluso dal mondo della musica da un attacco. Critica il modo in cui il pubblico televisivo è considerato “entità involuta e inconsapevole, da plagiare”. Ringrazia i maestri che gli hanno permesso di superare le “situazioni più dolorose e ostili.
«Mi chiamo Morgan (Marco Castoldi), sono un musicista italiano inespresso». Si apre così il testo pubblicato da Morgan ieri sera, dopo la notizia del ritorno a X Factor. Oltre a ricordare il suo primato di «giudice che ha vinto più edizioni al mondo» del talent, Morgan punta il dito contro un sistema che l’ha messo ai margini, condannando l’idea imperante che il pubblico televisivo sia una «entità involuta e inconsapevole, da plagiare», rivendica di avere portato «la cultura dove la cultura è un fastidio», ringrazia chi l’ha ispirato permettendogli di «trionfare nelle situazioni più dolorose e ostili».
“Per ragioni molteplici», si legge nelle prime righe, «a un certo punto sono stato “frenato” da un’operazione di attacco alla mia reputazione e alla mia dignità civile, sono stato pubblicato in modo diffamante, e da quel momento è iniziato una degenerativa descrizione della mia persona come non più credibile, indisciplinata, ea ciò è conseguita la mia esclusione dal mondo della musica, non da quello televisivo, probabilmente per mano del perbenismo e dell’ignoranza bigotta e arretrata di una certa classe dirigente del settore» .
Continuando Morgan dice:
“Da alcuni anni, vivo una condizione distruttiva e degradante, poiché privato della pubblicazione discografica, della legittima presenza nel mercato musicale di questo paese, che ho però contribuito a nutrire culturalmente, motivo per il quale la popolazione mi è riconoscente, ignara delle mie produzioni musicali, e che nel tempo si è convinta della mia esaurita fonte di ispirazione”.
“Negli ultimi quindici anni l’industria della musica di questo paese ha molto goduto del frutto della mia abilità di scoprire ed educare il talento di giovani che ho intercettato tra migliaia di aspiranti e che sono diventati ‘pilastri’ del mercato. Eppure non c’è stata ‘riconoscenza’, ma anzi ingratitudine verso chi li ha partoriti, non producendo la mia musica ma usando la mia visione musicale, la mia capacità, con il solo intento di profittare di un artista, abusare della sua energia scorticandolo, fino ad esaurimento”.
“Ho sofferto, emarginato forzatamente, drasticamente, da ciò che più amo e che meglio so fare”.
Oltre ad accennare a “oltre un migliaio di canzoni inedite realizzate” in questi anni, Morgan rivendica l’attività di formatore di “migliaia di giovani” a cui ha dato “chiavi di lettura per comprendere ciò che di norma a loro non è accessibile, nel mondo della rappresentazione televisiva, che si basa invece su una sprezzante idea del pubblico come entità involuta e inconsapevole, da plagiare e attirare esclusivamente a fini di prodotto economico, non degno di essere istruito anzi, intenzionalmente, mantenuto lontano dalla possibilità di istruirsi, cosa che invece è prevista e voluta in uno Stato democratico”.
Il «sistema televisivo e di diffusione culturale» del nostro paese, continua Morgan, esclude «qualunque voce non allineata e piegata alle sue regole, tranne, sembrerebbe, la mia. Come è stato possibile per me non essere scomparso nel nulla, ma piuttosto continuare a portare la cultura dove la cultura è un fastidio?». È stato grazie a «salute, intelligenza, spirito» e alle figure di «maestri, genitori, amici, artisti, esseri umani parlanti di cui ho ascoltato le parole e il cui esempio ho emulato, che mi hanno sempre dato la forza di emergere o di trionfare nelle situazioni più dolorose e ostili».
La conclusione di Morgan:
«È stato Bach a farmi vincere le competizioni di musica pop, ed è stato Pavese ad avermi ispirato a scrivere le canzoni per esprimere me stesso attraverso le parole in rima, è stato Carmelo Bene a farmi scoprire la chiave del linguaggio televisivo, ed è stato Baudelaire a far innamorare di me le più belle ragazze del mondo».